GUARDARE OLTRE IL PD

La nomina dell’on. Letta a Presidente del Consiglio dei Ministri entra nella formazione di questo Governo come la “ candidatura “ dell’ accordo che più significativamente si rappresenta come il più contestato, peggiore “inciucio” della storia della politica italiana.
Ecco perché non si può evitare di porsi la domanda su cosa significhi Letta per il Paese e per il PD e la sinistra italiana che avrebbe le pretese di voler rappresentare.
Che il vice segretario politico del PD esca da questa nomina –una delle più brutte della storia dei governi del Paese – con un fortissimo tasso di ambiguità, non può essere lui a negarlo; l’accordo tra Berlusconi con questo PD è un ennesimo espediente trasformista, motivato solo dall’esigenza di un arroccamento difensivo con gli stessi uomini e le stesse facce – anche quelle clerico-massoniche - a difesa degli interessi di “ cortile”.
Nell’intervento programmatico, svolto all’atto della sua nomina, l’on. Letta è apparso più interessato a costruire un accordo a “ lungo respiro” con Berlusconi che alla costruzione del “ nuovo “ !
Molto avrebbe dovuto dare il PD se non fosse ormai un corpo inerte incapace di “ guardare al futuro del Paese ; un partito , non possiamo non dirlo, che ancora una volta ci ha deluso, che si è tutto speso nel creare le precondizioni di vertice per il successo dell’ormai obsoleto gruppo dirigente, sacrificando, senza un minimo di incertezza, le esigenze della sua stessa base,delle sue dirigenze periferiche, del mondo esterno al partito come quello della riflessione progettuale sul futuro.
Quello stesso partito che avevamo già riconosciuto incapace di gestire politicamente le speranze dei giovani, delle donne, dei lavoratori e che appare sempre più incapace di interpretare se stesso ed utilizzare tutta la sua forza, una forza che non sta solo nel fallimento inevitabile della politica su cui è nato : l’ ULIVO , nella inesistenza strategica di un partito arroccato su una terna vecchia dirigenza come unico riferimento possibile, ma che avrebbe dovuto sapersi collocare nella presenza sociale , nelle energie, nella passione rigorosa che , invece, continua ad umiliare ed emarginare.
Da qui l’esigenza di ripartire dal “ civile “ o , meglio ancora, dai movimenti della società civile perché le “ operazioni di modifica dell’assetto politico “ possono prendere le mosse solo dal basso , oltre il PD , evocando, per quanto possibile , la partecipazione popolare.
Ecco perché l’invito già rivolto : ai Rodotà, Barca, Civati, Puppato, Cofferati, Emiliano, Mineo , non è irrilevante ma vuole essere un modo di leggere il “ nuovo civile “ per dargli forma politica e trasformare, così, le “ forme della politica “.
Sergio Scarpino